Tutti conoscono il Piero Ottone giornalista e scrittore che da direttore de Il Secolo XIX alla direzione del Corriere della Sera e fino agli editoriali su Repubblica e alla sua rubrica Vizi & virtù sul Venerdì e con i numerosi libri pubblicati, è stato uno dei protagonisti del giornalismo italiano per oltre mezzo secolo, un maestro di giornalismo e di etica professionale.
Molti conoscono il Piero Ottone appassionato di mare, e in particolare di vela. Velista esperto, con il coraggio di misurarsi col mare perché “in mare tutto è più forte. Se soffri, soffri di più. Se godi, godi di più”. Dalle pagine dei suoi libri Piccola filosofia di un grande amore: la vela, Naufragio, Memorie di un vecchio felice, affiora la sua filosofia del navigare e la grande passione per l’andare per mare, per lo stare sempre e comunque vicino al mare e averlo sempre davanti, anche dalle finestre della sua casa di Camogli.
Pochi però hanno conosciuto il Piero Ottone capraiese e la sua predilezione per lo scoglio d’altura a cavallo tra alto Tirreno e Mar ligure, da raggiungere rigorosamente a vela, anche con una minima bava di vento, anche se comportava traversate lunghissime. E anche fuori stagione, anzi meglio fuori stagione, quando uscendo dalla casa sul porto, la Casa dei Cavalieri di Capraia, incontrava pressoché solo isolani: i pescatori al moletto proprio di fronte, il benzinaio, i capraiesi che si ritrovano ai bar del porto per un caffè e due chiacchiere la mattina, per la partita di briscola e tressette nel primo pomeriggio, o lungo la banchina, a controllare le barche e magari a rinforzarne le cime perché il grecale tuona onde dal molo fin dentro al porto oppure c’è il libeccio che refola, fischia e sibila e fa tintinnare e cantare le sartie.
A lui la Capraia piaceva così, “con quel suo sapore un po’ ottocentesco, o primo novecento, il ritmo tranquillo e gentile, con quelle sue improvvisazioni, che risalgono però a tempi lontani. A me piace con la gente che ha”, scrive in un suo articolo pubblicato sul Quaderno della Torre del luglio 1998, il giornale della Pro Loco isolana.
E a Capraia piaceva lui, e il suo modo gentile, discreto, riservato di viverla, da isolano appunto, da uomo di mare che d’istinto sa cosa significhi vivere su un’isola così, dove il mare è regista di vite e direttore di orchestra, e non è una linea d’orizzonte ma un cerchio che gira tutt’intorno, e ti protegge e ti isola al tempo stesso.
Un isolano adottivo dalle vedute amplissime che, con occhi che conoscono tutto il mondo e tutti i mari del mondo, non si limita a osservare questo microcosmo meraviglioso e selvaggio ma ne scorge l’anima vera, immergendosi nel suo vissuto quotidiano, abbracciandone ritmi e consuetudini, accogliendo storie e racconti del passato e del presente e ragionando con gli isolani di futuro, di sviluppo possibile, di scelte difficili e di difficili equilibri da ricercare a tutti i costi per preservarne l’essenza che è al contempo identità e risorsa.
Piero Ottone chiude il breve articolo con “L’importante è che cresca bene, senza eccessi, senza abusi. Vogliamo una Capraia che sia, nell’arcipelago toscano, l’isola modello. Ci riusciremo?”
Ci stiamo provando, caro Piero, con tutta la passione e la tenacia che quest’isola straordinaria merita. [di Antonella Vito]
I ricordi dei capraiesi
Una volta, Piero Ottone doveva partire da Capraia perché doveva recarsi all’estero per un appuntamento di lavoro. Pensava di partire con il traghetto ma si leva un temporale di grecale e il traghetto non attracca e così niente partenza. Allora, con Piero Ottone e Lolli Frisoni si decide di partire con il Melanea, la barca a vela di Lolli di 18mt. Alle 11 circa, tre mani di terzaroli sulla randa e si parte con rotta per Rapallo. La velocità massima era di 5/6 nodi e dopo sette ore eravamo ancora attraverso alla Gorgona. Abbiamo anche valutato di fare rotta per Livorno, ma poi fu deciso di andare diretti a Rapallo (distante 85 miglia) e così mi sono piazzato al timone.
Piero e Lolli erano sottocoperta e fra pane, formaggio, affettati e vino, la navigazione è proseguita e dopo tutta una notte al timone, alle 6 della mattina successiva, eravamo finalmente nella rada di Rapallo. Lolli, decide di fare del caffè con un fornelletto di quelli antichi, che per accenderlo si doveva aggiungere alcol nel contenitore di accensione; un po’ di alcol uscì fuori e provocò un piccolo incendio (che con dell’acqua fu subito spento). Arrivati in porto, Lolli ha accompagnato con l’auto Piero alla stazione di Rapallo che così poté prendere il suo volo ed essere puntuale all’appuntamento. [Carlo Vito]
Piero Ottone veniva spesso a trovarci in agenzia al porto. Arrivava spettinato dal vento, gli occhiali incrostati di sale e rigorosamente in tuta cerata gialla, passava anche solo per un saluto, talvolta per inviare un fax al giornale con il suo ultimo articolo o per ricevere documenti necessari per scriverlo. Sapeva del nostro impegno per l’isola e gli piaceva fermarsi a parlare dei progetti in essere o in divenire, delle idee per il futuro, sempre con rispetto e curiosità. [Marida Bessi]
Aveva saputo che il mio “risotto col totano alla capraiese” era speciale così mi invitò a casa sua per fargli vedere come si preparava. Lo cucinai e poi lo mangiammo insieme sulla terrazza sul porto, parlando di mare, di esperienze di naviganti in giro per il mondo e naturalmente di Capraia. In un’occasione mi aiutò anche a reperire un contatto a Roma, per andare a parlare, come Comune, del Complesso di Sant’Antonio che era stato parte dell’Ex Colonia Penale dismessa. [Maurizio Della Rosa]
In diverse occasioni, con il suo Al Na‘Ir IV [uno splendido sloop di 36ft, interamente costruito in legno, firmato Sparkman & Stephens] con Piero Ottone siamo andati a Macinaggio, in Corsica. Anche se la barca faceva solo due nodi a vela, non voleva mai accendere il motore, gli piaceva andare sempre e solo a vela, anche se si andava piano, anche se ci voleva molto più tempo per arrivare a destinazione. Era la navigazione a vela la parte del viaggio che gli piaceva di più, mi diceva “senti, senti come si va bene”. [Carlo Vito]
Spesso la mattina veniva al Bar a fare colazione. Si sedeva sempre sulla panchina di legno, quella dei capraiesi, dalla quale si vede la banchina, le barche, il passaggio da e per il bar. Talvolta veniva con il nipote, e sempre dopo colazione si fermava un po’, a osservare il via vai, a parlare con qualcuno. Conosceva pressoché tutti gli isolani, e tutti lo conoscevano ed era piacevole fermarsi a parlare con lui. [Massimo Della Rosa]
Quando il porto di Capraia non era ancora la Marina organizzata di oggi ed era pieno di barche, durante le manovre di ormeggio a banchina, succedeva spesso che qualche cima finisse nell’elica. E succedeva anche all’Al Na‘Ir di Piero Ottone. Ricordo un suo amico che lo accompagnava sempre in barca che, in ogni stagione e con qualsiasi temperatura, in costume e con la maschera, si tuffava in porto per liberare la cima. Fuori stagione invece, con il porto tutto libero, l’Al Na’Ir ormeggiava sempre all’inglese. [Sonia Severi]